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Giustizia – Zanettin: “Con la disciplina del sequestro di smartphone tuteliamo la privacy, basta scempi”

“Dall’indagine conoscitiva sul tema delle intercettazioni svolta dalla Commissione giustizia, su impulso del Presidente Bongiorno, è emersa chiaramente la necessità di una disciplina del sequestro dello smartphone che contemperasse le esigenze delle indagini con la tutela della privacy dei cittadini. Questo testo, di cui siamo orgogliosamente promotori, colma questa grave lacuna e rappresenta un caposaldo della riforma della giustizia in chiave garantista voluta da Forza Italia”. Lo ha detto, intervenendo in Aula durante le dichiarazioni di voto sul ddl sul sequestro degli smartphone, il senatore e capogruppo di Forza Italia in Commissione Giustizia al Senato Pierantonio Zanettin, primo firmatario del testo.
“Il telefono cellulare – ha proseguito – è diventato la ‘scatola nera’ della vita di ciascuno di noi. Acquisirne in modo massivo i contenuti significa travolgere la privacy non solo dell’indagato, ma anche dei soggetti terzi che con lui interagiscono. Di fronte a questo, le norme codicistiche sul sequestro penale appaiono obsolete e inadeguate. Serve una disciplina ad hoc. La selezione dei contenuti dovrà poi essere assistita da un contraddittorio tra le parti, per decidere cosa sia rilevante, anche in relazione alla conservazione dei dati nell’archivio digitale delle intercettazioni, da quanto invece non è penalmente rilevante, che deve rimanere segreto e non transitare nel fascicolo deI dibattimento e tantomeno sulle pagine dei giornali. In passato sono stato indirettamente interessato dal sequestro del telefonino di un soggetto terzo. Ancora oggi la mia chat di messaggi whatsapp scambiati con Luca Palamara, conosciuto ai tempi della mia consiliatura al Csm, è on line sul sito di un noto quotidiano pur non avendo alcuna rilevanza penale, disciplinare o ‘gossippara’. Questo perché la chat è stata prima oggetto di sequestro, poi acquisita al fascicolo di indagine e, quindi, transitata sulle pagine dei quotidiani. In quella vicenda molto peggio è andata a tanti magistrati, interlocutori di Palamara. Le loro chat, penalmente e disciplinarmente irrilevanti, sono divenute pubbliche e sono state utilizzate per penalizzare prospettive di carriera e mortificare professionalità. Con questo intervento normativo si porrà finalmente un freno a simili scempi”, ha concluso.

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