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Del Tongo, D’Ettore (centrodestra, uninominale 7 Camera) «Il fallimento è una ferita all’identità produttiva del territorio»

Il candidato aretino di Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Noi per l’Italia
«Con noi al governo maggiori margini di manovra rispetto ai vincoli Ue e revisione della normativa interna»

Cinquanta famiglie senza più certezza di futuro e un incubo: è il fallimento della Del Tongo, la maggiore industria di cucine dell’Aretino, su cui oggi interviene Felice Maurizio D’Ettore. Impossibilitato a prender parte direttamente all’incontro di stamani coi lavoratori, il candidato all’uninominale della Camera dei Deputati per il collegio 7, quello di Arezzo, in rappresentanza della coalizione di centrodestra composta da Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Noi per l’Italia non vuol far mancare la sua vicinanza ai dipendenti, alle loro famiglie ma anche a tutta la filiera produttiva di cui la Del Tongo è storicamente stata il perno.
«Questo fallimento – afferma – rappresenta una ferita profonda all’identità produttiva del territorio. E’ un lutto economico e occupazionale per tutta la nostra provincia che nella Del Tongo aveva un punto di riferimento che va ben oltre l’azienda in sé per sé, dal momento che Del Tongo rappresenta un marchio storico dell’alta qualità nel saper fare che rende la Toscana, e in questo caso Arezzo, riconoscibile in Italia e nel mondo. Non mancheremo – prosegue D’Ettore – di incontrare i lavoratori e capire se ci sono ancora spiragli e vie da percorrere».
«Quel che è certo – conclude – è che con noi al governo andrà individuato maggior margine di manovra, nella risoluzione delle crisi d’impresa, per il governo centrale rispetto anche ai vincoli imposti dall’Unione europea, soprattutto quando le vertenze riguardano aziende storiche, depositarie di spicchi di identità non solo economico-produttiva dei territori e per di più con commesse ancora da evadere, dunque non certo imprese decotte. Anche la disciplina interna in materia deve essere assoggettata ad ulteriori correttivi che consentano una maggiore flessibilità anche ai fini di una gestione straordinaria delle crisi d’impresa per garantire da un lato la continuità aziendale e dall’altro la tenuta dei livelli occupazionali, in considerazione delle eventuali criticità di area nei singoli distretti produttivi».

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